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Parkland
Parkland - Usa, 92'
Regia: Peter Landesman
Con: Zac Efron, Jackie Earle Haley, Billy Bob Thornton, Tom Welling, Paul Giamatti
C'è una sequenza meravigliosa in Parkland di Peter Landesman. Un lento montaggio incrociato mette in relazione tre diverse sepolture: quella ufficiale di John Fitzgerald Kennedy, quella solitaria di Lee Harvey Oswald, il suo assassino a sua volta assassinato, e quella simbolica dei documenti che dimostravano l'inefficienza dei servizi segreti nel proteggere il presidente degli Stati Uniti.
Queste scene danno un'idea di quello che vorrebbe essere il film: una storia corale, dove si mescolano tanti piani diversi, coinvolgendo tutti coloro che in un modo o nell'altro ebbero a che fare con l'omicidio più celebre della storia. Si racconta quindi degli agenti che nei tre giorni immediatamente successivi all'attentato indagarono sul caso, ma anche dei medici che cercarono di salvare la vita a un uomo la cui testa era appena stata spaccata a metà, dell'uomo che si ritrovò a filmare l'intera, orribile, scena, nonché della famiglia di Oswald. Parkland si colloca così a metà strada tra lo spirito d'inchiesta di JFK – Un caso ancora aperto di Oliver Stone e lo sguardo "da lontano" di Bobby di Emilio Estevez (incentrato invece sui clienti dell'Hotel Ambassador dove venne ucciso l'altro Kennedy, Robert). Ma al suo esordio dietro la macchina da presa, il giornalista Landesman non riesce a gestire l'incontro di tante storie diverse, finendo col disperderne il potenziale. Così, un cast pieno di nomi importanti (Paul Giamatti, Billy Bob Thornton, Marcia Gay Harden, Zac Efron, Tom Welling e un Jackie Earle Haley relegato ad una particina di poche battute) si spreca in tanti brevi episodi che non sono interessanti né da soli né nel loro intrecciarsi. Estevez era riuscito a tessere una meravigliosa ragnatela di relazioni che teneva assieme i 22 personaggi del suo film, rinunciando saggiamente al lato più prettamente storico della vicenda. Lezione non imparata dall'autore del film presentato quest'anno a Venezia, che tenta invece con poco successo di collocarsi a metà strada, prendendo in analisi chi fu direttamente coinvolto nella vicenda, ma tagliando fuori le sfere più alte del governo americano. Nello stesso modo, tra l'altro, in cui decide di astenersi dal proporre ogni possibile ipotesi di soluzione: Landesman infatti si rifiuta di dare una propria risposta alla domanda "Chi ha davvero ucciso Kennedy e chi ne ha voluto la morte?", limitandosi a riprodurre le vicende di pubblico dominio, con uno stile che a tratti cerca di imitare il documentario, con continui piccoli zoom e correzioni di inquadratura. Ma al di là della puntigliosa ricostruzione, Parkland offre poco, e il suddetto cast di prim'ordine non basta a dare valore alle macilente vicissitudini dei suoi personaggi, e il film ha nella sequenza delle sepolture l'unico momento davvero ispirato.
Per la redazione Marcello Bonini
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