Via Castellana Bandiera - Italia, Svizzera, Francia, 90'

Regia: Emma Dante
Con: Elena Cotta, Emma Dante, Alba Rohrwacher, Renato Malfatti, Dario Casarolo, Carmine Maringola

Un Kafka neorealista. Ecco cos'è Via Castellana Bandiera, l'opera prima di Emma Dante in concorso al Festival di Venezia. Due donne in macchina si incrociano lungo uno strettissimo vicolo di Palermo, e siccome nessuna delle due vuole cedere il passo all'altra, rimangono lì, a fissarsi da dietro i parabrezza, per intere giornate. Lo spazio in cui si muove il film è quello del surrealismo, che non viene però usato dalla regista (e attrice protagonista) per deformare la realtà ma per filmarla ancor più da vicino per raccontare una realtà concreta, fatta di asfalto, polvere e sole, e che inchioda sullo schermo uno scorcio della Palermo più conosciuta (almeno nell'immaginario comune). Quindi dialetto strettissimo, strani legami familiari, violenza e traffici illeciti. L'unica rottura con la concretezza della strada è concessa nel finale, quando un'orda infinita di uomini, donne e bambini corre giù per la via, ora larghissima e con tutto lo spazio per permettere a più macchine di passare contemporaneamente. Via Castellana Bandiera diventa quindi la storia di due donne che inventano (o vengono costrette ad inventarsi?) una ragione per mettersi l'una contro l'altra. Da una parte una anziana albanese trapiantata in Sicilia talmente schiacciata da un uomo e dalla famiglia da diventare nient'altro che un'automa, dall'altra una lesbica siciliana emigrata al nord che odia la sua terra di origine. Il loro è un duello fatto di sguardi, che Dante mette in scena con un'attenzione particolare al cinema western (abbondano lunghi primissimi piani stretti sugli occhi che ricordano Leone), e che si carica di significati sociali ed antropologici mai apertamente dichiarati, ma solo suggeriti allo spettatore, al quale spetterà coglierli ed interpretarli. Se in questo la regista si mostra già abilissima, adattando per il grande schermo un romanzo di cui è lei stessa l'autrice, questo interessante esordio evidenzia però qualche problema nella gestione dei tempi filmici, e il microcosmo che si crea attorno alle due automobili non riesce ad evitare una certa lentezza che inficia il film e la sua visione, che pian piano risulta ripetitivo e a tratti noioso. Ma il fascino metaforico (e metafisico?) permane, se lo spettatore non ha problemi a trovarsi davanti ad un film che pone mille domande, senza rispondere a nessuna.
Scheda del film 

Per la redazione Marcello Bonini