NAKI: ON THE MONSTER ISLAND

Nel Giappone antico, si sa, uomini e mostri erano molto più in contatto tra loro di quanto oggi non siano. Ma un punto fermo rimaneva sempre: la diffidenza tra le due parti. Gli umani facevano guerra ai mostri e, di contro, essi rispondevano per vendicarsi.
Nel caso specifico di un villaggio in riva al mare, però, la situazione creatasi era di momentaneo stallo: un passaggio in mezzo al mare divideva un' isola di mostri da quella degli umani ed entrambe le parti vivevano un periodo di quiete, protette dal timore reciproco.
Tutto ciò finché un ragazzino non tentò di infrangere i confini per andare a raccogliere materiali sull'isola misteriosa. Regolarmente scoperto viene cacciato in malo modo ed è costretto a lasciare il fratellino di nemmeno due anni in balia dei temibili abitanti.

Temibili? Ad un secondo esame non si direbbe proprio. Naki: On the Monster Island, essendo un film per bambini, ci racconta infatti che i mostri non sono quello che sembrano e che, al di là del loro aspetto strambo o leggermente inquietante, a seconda dei casi, non farebbero male ad una mosca, se non provocati. Il film è realizzato interamente in Computer Grafica ed è di qualità eccellente; paragonabile ad una delle migliori produzioni Dreamworks, per non scomodare le divinità della Pixar. Ben animato, ben recitato e con molto stile nella caratterizzazione dei personaggi. La narrazione è leggera e divertente e l'espediente principale di Naki, il burbero mostro del titolo che si ritrova a fare da balia al piccolo umano, è di sicuro successo per accattivare gli spettatori più piccoli e non, parola di recensore.
Insomma, volendo fare paragoni nemmeno troppo forzati con l'occidente, possiamo forse dire che questo film è un po' il "Mosters & Co. con gli occhi a mandorla". Alla fine l'ho scomodata, la Pixar; visto?

Eugenio Goi