Titolo originale:Saibi
Nazione: Corea del Sud Anno: 2013
Genere: Animazione Durata: 101'
Regia: Yeon Sang-ho

Una storia dura e nerissima, questo The Fake, come quelle a cui spesso ci hanno abituato i coreani in questi ultimi anni. Ma soprattutto non banale, almeno per il mondo dell’animazione. A discapito di una qualità tecnica non proprio eccellente, con personaggi animati piuttosto rigidamente, il film risulta davvero interessante per i suoi contenuti.

L’ambientazione è quella di una Corea campagnola e provinciale, lontanissima da Seoul ed anche dalle ben più bucoliche avventure giapponesi di medesimo setting, dove essere ammessi ad una buona università della capitale è ancora la cosa migliore che può capitare ad una ragazza, per riuscire a fuggire da una miseria non tanto effettivamente pecuniaria, quanto intellettuale e sociale.

In questo villaggio, a ridosso di una diga che dovrebbe essere abbattuta per inondare la valle, la gente è semplice e fragile, ancora di più in questo periodo in cui si sentono privati delle loro radici, della loro vita, a causa della minaccia incombente. E quale posto migliore di questo si presta ad essere abbindolato da falsi profeti? Un truffatore, falso predicatore e direttore di una setta cristiana, si stabilisce nel luogo e, dopo avere trasformato un capannone nella sua chiesa, comincia a diffondere il suo verbo grazie anche ad un pastore, veramente credente, assunto per l’occasione. Ma il suo vero obiettivo, ovviamente, è il danaro della povera gente, a discapito di tutto e di tutti.

Da queste premesse il film si addentra in un mondo di tristezza , dolore e smarrimento, sfruttati per colpire là dove le persone sono più deboli e garantirsi la loro totale obbedienza e cieca servilità.

E’ un mondo, quello ritratto, dove la speranza ha lasciato da parecchio quei luoghi ed alberga ormai solo negli stolti, pastore compreso, che ancora sperano nella terra promessa. Ma promessa da chi? Da un predicatore avido e senza scrupoli, che si nasconde dietro parole di salvezza e che, invece, taglieggia col sorriso. Ed anche quando qualcuno tenterà di opporsi a questa follia dilagante, noi spettatori non potremo prendere davvero le sue parti, non potremo tifare per lui, perché l’eroe di questa storia è un padre di famiglia spiantato, rozzo e violento, capace di alzare le mani anche sui suoi cari e di bersi i risparmi della figlia; la stessa ragazza, appunto, che avrebbe avuto l’occasione di andarsene a Seoul ed avere una vita migliore. Forte come un pugno nello stomaco, la sensazione rimanente dopo la visione è che i manipolabili verranno manipolati, gli infelici resteranno tali e ricercare una via d’uscita nell’amore di una divinità verso i suoi figli non porterà alcun beneficio. Perché in quella valle, prototipo di chissà quante altre, non esiste più nessun Dio che possa fermare l’autodistruzione umana. Nessun Dio.


Eugenio Goi.