Pubblichiamo la fanzine di fine corso realizzata dagli studenti della scuola di fumetto e illustrazione La Nuova Eloisa. Abbiamo fatto a Francesco Mattioli alcune domande sul suo lavoro con i ragazzi.

Ciao Francesco. Sei stato prima studente e ora insegnante nella scuola di fumetto La Nuova Eloisa; cosa è rimasto e cosa è cambiato in questi anni?

Ciao! Il fumetto è un linguaggio in continua evoluzione. Una cosa curiosa che si nota subito all’inizio di ogni corso è che gli stili di riferimento dei ragazzi cambiano con il passare degli anni: se “ai miei tempi” c’erano sempre un paio di allievi che volevano disegnare come Pazienza, negli anni ’90 sono stati sostituiti da quelli che volevano disegnare in stile Manga, e oggi invece vogliono disegnare come Gipi. Ci sono autori o scuole che rivoluzionano il modo di raccontare, e questo mantiene vivo il genere.
Dal punto di vista tecnico la più grossa rivoluzione è stata portata dal computer. Ora è una parte importante del corso, sia per la colorazione che per la possibilità di impaginare e fare il lettering a casa propria con risultati professionali. Quando ho cominciato si faceva tutto a mano con forbici e colla, sembra un secolo fa!
L’interesse e la passione per il fumetto invece non sono cambiati negli anni. Ogni anno vedo nascere progetti, collaborazioni, autoproduzioni... molte cose strampalate, sicuramente! Ma c’è sempre qualcuno che trova la sua strada.

Qual è il tuo approccio all'insegnamento e quale il rapporto con gli studenti della scuola? Quali sono gli elementi del linguaggio fumetto che ritieni più importante trasmettere ai tuoi allievi?

Con gli studenti ho sempre un rapporto molto informale. Fare un fumetto che “funzioni” non è una passeggiata, e non esiste un Metodo Universale che possa essere insegnato a tutti. Per ogni problema cerco di trovare delle soluzioni che vadano bene per gli studenti che mi trovo davanti.
Io mi occupo principalmente della parte riguardante il disegno: anatomia, prospettiva, eccetera. Per quanto mi riguarda, l’aspetto più importante è il montaggio e lo studio delle inquadrature. Bisogna capire che la stessa scena può essere raccontata in infiniti modi diversi, e ogni modo può suscitare un’emozione differente, anche solo cambiando aspetti minimi come il contorno delle vignette, per esempio. Se un fumettista trova uno stile di narrazione che coinvolge emotivamente il lettore, gli si perdona anche una scrittura o un disegno traballanti.

Anche quest'anno la fanzine/saggio di fine corso degli studenti della scuola si struttura come un fumetto disegnato a più mani. Come nasce il soggetto e come si coordinano i diversi autori?

La fanzine ormai è diventato un passaggio obbligato, indispensabile per confrontarsi con quello che si è imparato durante l’anno (che sembra tutto molto chiaro finché non si deve mettere in pratica!) e con le dinamiche di una pubblicazione, per quanto amatoriale: formati, impaginazione, tempi di consegna, eccetera. Insomma, un assaggino di come si affronta questo mestiere.
L’idea di un fumetto collettivo aggiunge tutte quelle dinamiche di collaborazione che spesso si vivono nel mondo del fumetto. Discutere assieme il design di ambienti e personaggi e i particolari della sceneggiatura è una pratica a cui di solito non si è abituati ma che può dare buoni frutti. Inoltre si evitano i drammi del “fai quello che vuoi” (“oddio, che cosa faccio?”). Certo, misurarsi con una storia collettiva vuol dire che a volte alcuni non si trovano del tutto a proprio agio, ma anche questo fa parte del mestiere.
La nascita e lo sviluppo del soggetto è sempre una cosa un po’ nebulosa. Di solito, dopo una sessione iniziale dove ognuno porta un po’ di idee, una di queste prende piede autonomamente, e anche il coordinamento avviene in modo molto naturale. Io mi limito a lanciare un po’ di suggestioni, o a far notare le difficoltà di realizzazione se escono idee particolarmente complesse, poi affrontiamo un po’ per volta i vari problemi narrativi. Nel complesso è un’operazione un po' caotica ma divertente!