Valentina Viesti - Il pagliaccio e la bambina
Valentina Viesti
Il pagliaccio e la bambina
La sveglia suonava insistentemente quando Alex si svegliò. Il mal di testa gli ricordò che non avrebbe dovuto bere così tanto la sera prima. Per un attimo si guardò intorno senza ricordare dove si trovava. C'era un angolo cucina con i piatti nel lavello, un poster dei Led Zeppelin appeso alla parete, libri e quaderni sparsi un po' ovunque e giornali vecchi. Il divano sul quale aveva dormito era mezzo sfondato. Nonostante fosse mattina presto, faceva molto caldo.
Il suo allegro compagno di stanza era già col naso nei libri, mangiava dei biscotti vecchi e duri bevendo succo d'arancia direttamente dal cartone.
"Sei in ritardo con la tua quota dell' affitto.- gli disse- La padrona è passata ieri sera mentre eri al lavoro: sembrava parecchio incazzata."
Aprendo la porta del frigo, Alex gli chiese:
"C'è del caffè? Ho un mal di testa pazzesco."
"Ti sei addormentato di nuovo studiando, vero? E per giunta hai bevuto di nuovo. Ci credo che stai male."
"Fra un po' il mal di schiena mi farà dimenticare il mal di testa.", ribattè ironico. Alex e Sam erano amici dai tempi delle medie. Anche se in realtà non avevano mai avuto gran che in comune. Sam era un ragazzo serio e pragmatico, Alex un buffone. L' ultima ragazza che aveva avuto glielo ripeteva in continuazione:
"Non prendi mai niente sul serio, Alex. Sei sempre con la testa fra le nuvole. Se non la smetti di sognare non combinerai mai niente."
Mettendo su il caffè, Alex ripensò a lei. Era più grande di tre anni, matura e seria. L' odore che aveva addosso era un misto di sigarette e profumo alla lavanda. Alex non sapeva il motivo per cui la cosa per un pò aveva funzionato. Probabilmente lei era attratta proprio da quella sua ironia.
La caffettiera cominciò a borbottare e Alex ripescò da sotto la valanga di libri e quaderni la sua agenda. Quel giorno doveva andare in un campo estivo un po' fuori città. Meglio del deprimente cabaret nel quale lavorava di sera o almeno così sperava. "Quei marmocchi ti mangeranno vivo!- gli disse Sam- I ragazzini di oggi sono terribili. I tempi sono cambiati da quando andavamo a scuola noi. Forse dovresti trovarti un lavoro serio piuttosto che andare a fare il clown nei locali, alle feste e in questi tristissimi campi estivi."
Alex lo faceva per pagarsi gli studi all'università. Anche se a volte era in difficoltà, non voleva chiedere aiuto a suo padre. Da quando avevano litigato il loro rapporto, che non era mai stato idilliaco, era peggiorato molto. Si vedevano solo lo stretto indispensabile e anche così per loro era troppo.
"Cristo, Alex, non puoi essere serio e trovarti un vero mestiere come tuo fratello?- gli diceva il vecchio- Sei un ragazzo intelligente. Perché devi andare a fare il buffone?", gli diceva.
Alex non avrebbe saputo rispondere. Era una vita dura e non si guadagnava molto ma quando vedeva la gente ridere per i suoi scherzi o stupirsi per i suoi giochi di prestigio si sentiva felice. Pensava di donare qualcosa di importante.
Contemporaneamente aveva cominciato a studiare medicina, ma non l'aveva detto a suo padre per non fargli credere che si era pentito.
Si truccò per bene e indossò i pantaloni larghi a strisce, una camicia vistosa e delle scarpe molto più grandi dei piedi.
"Con questa armatura variopinta e il mio destriero di metallo, parto spavaldo verso l'ignoto. Addio, Sam, vado a guadagnarmi la pagnotta."
"Se ai ragazzi non piacerà lo show potrai rimediare anche qualche pomodoro..."
"Potresti venire a farmi da spalla..."
"Te lo sogni, amico. Noi persone serie dobbiamo studiare."
Alex prese le chiavi della macchina, una mela dal frigo e uscì. Si perse un paio di volte ma poi trovò la strada giusta. Lungo il sentiero di terra battuta che conduceva al campo estivo, la sua schiena gli ricordò la nottataccia passata sul divano.
"Cavolo... ma chi me lo fa fare!"
Tuttavia non poteva permettersi il lusso di rifiutare un lavoro. I ragazzi non si aspettavano di vederlo. Era una sorpresa organizzata dagli animatori. Nonostante Alex non fosse troppo in forma, si mise a inseguirli e a fare boccacce. Un paio di loro si rifugiarono in camera da letto. Alex li raggiunse e vide seduta sul letto a castello una bambina esile, minuta, con la pelle molto chiara. Fissava il vuoto con un volto senza espressione. Li guardò appena e non si mosse. Siccome stava radunando tutti i ragazzi per mostrare i suoi numeri, Alex dovette tornare indietro per lei. Forse Sam non aveva tutti i torti: a quell'età ormai i ragazzini sono grandi abbastanza da non ridere più per un pagliaccio.
"Sei ancora qui? Dai, sbrigati.", la esortò.
Raccolti tutti i bambini in una stanza grande, Alex cominciò lo spettacolo.I ragazzini ci misero un po' ma alla fine si lasciarono convolgere: partecipavano attivamente ai giochi e guardavano il suo modesto spettacolo ridendo. Tutti tranne la bambina silenziosa che continuava a sembrargli lontana, assente, come se lei fosse stata in una scatola di vetro, o in un acquario.
Camminava senza fare rumore e non parlava mai. Solo una volta in tutta la giornata sembrò una bambina come tutti gli altri: alla lezione di disegno. Anche se per un attimo aveva esitato, alla fine aveva preso il foglio e si era messa a disegnare. Alex stava mettendo via le sue cose ma, spinto dalla curiosità, tornò in aula per osservare i disegni. Quello della bambina silenziosa attirò la sua attenzione più degli altri. Era un suo ritratto, vestito da clown. Nonostante i colori sgargianti c'era qualcosa, in quel ritratto, che lo velava di una struggente malinconia. Sembrava che la piccola avesse guardato dentro Alex. Come se lo conoscesse a fondo. Per un attimo si sentì di nuovo bambino.
Gli tornò in mente la sua vita di dieci anni prima. Suo fratello era uscito con il massimo dei voti dalla scuola media mentre lui faticava persino a strappare una sufficienza. Suo padre, collerico e impulsivo un paio di volte l'aveva schiaffeggiato di fronte a un brutto voto. Per lui la scuola era una prigione. Sentendosi in continuazione paragonato a suo fratello era diventato scontroso e intrattabile anche verso i compagni che reagivano prendendolo in giro e isolandolo. Non volevano mai giocare con lui.
Poi, un giorno d'estate, suo padre li aveva portati al circo e Alex aveva finito per appassionarsi ai clown. Uno di loro aveva attirato in modo particolare la sua attenzione. Camminava a testa alta sulla pista in mezzo alle luci colorate e sorrideva. Aveva un sorriso aperto solo su metà del viso e guardava i ragazzi con complicità, con l'aria di chi sta per rivelarti un segreto. Sembrava un re e il circo era il suo regno. Come se nessuno potesse toccarlo o fargli del male. Eppure divideva con i bambini la sua gioia. Forse era per questo che il suo sorriso era a metà. Guardandolo, Alex pensò che voleva diventare come lui.
Finì di mettere via le sue cose, salutò sorridendo i ragazzi e salì in macchina. La strada scorreva veloce mentre l'aria rovente rendeva tutto irreale, sfocato come in una foto venuta male.
"In tutti questi anni... che cosa ho fatto?"