Michele Benincasa
Allied Force


"Fasci brucerete nella vostra stessa fiamma" c'è scritto sul muro dove sono poggiato, tra una stella rossa e un disegnino che vorrebbe essere osceno ma risulta innocente per quanto è infantile. Poi c'è la solita frase di Jim Morrison - almeno, così c'è scritto sotto ‘sta frase, per cui non la leggo per principio - e uno scontato "Matarrese ebreo vattene da Bari". Incredibile perché qualcuno si è preso la briga di cancellare la parola "Matarrese" per cui si legge solo "ebreo vattene da Bari". Terribile.
Le frasi sui muri possono dire molto del popolo che le ha scritte, penso per un secondo. Che cazzata, penso subito dopo. È che sono depresso. Ecco perché ho scelto questa postazione di attesa per la serata. La festa è una merda e non vedo l'ora che finisca. Certe volte mi sembra di passare le serate in attesa che finiscano, solo per poter dire il giorno dopo "ieri ho fatto questo e quello, sono tornato alle quattro...".Più torni tardi più punti sono, chiaramente. Secondo me ognuno qua dentro sta facendo lo stesso ragionamento. Altrimenti non si spiegherebbe che ci fanno, chiusi in un locale del genere, l'aria stantia ormai irrespirabile mentre fuori la primavera del 1999 volge già all'estate.
La canzone dei Chemical Brothers sta sfumando e il Dj attacca con i Prodigy. Che fantasia, cazzo. Dj Double C mette la stessa scaletta ogni venerdì da almeno due anni. Scommetto che il prossimo pezzo sarà Hell is Around the Corner di Tricky. Non capisco che ci sta a fare dietro i piatti : potrebbe registrarsi il suo bel CD con la solita scaletta, farlo partire e godersi il resto della serata al bar, circondato dalle sue groupie. Anche i Dj hanno le groupie, l'avreste mai detto? Prendo il mio Paper Mate nero indelebile e, proprio sotto la frase di Jim Morrison scrivo bello grosso "hang the Dj", come la canzone degli Smiths. Abbozzo un sorriso tra me e me, fiero della mia opera e della mia sagacia, ma subito il pensiero della mia imminente partenza lo fa appassire. Domani parto, e stasera non c'è modo di essere allegri.
Stefania si fa largo tra la folla e viene verso il fondo della sala, verso di me:
" Stefà" le dico "ho visto un naso divincolarsi tra la gente e dietro c'eri tu". Ha il naso un po' lungo Stefania ed io la prendo giro appena posso.
"Ma vaffanculo" ribatte lei ridendo. È tranquilla Stefania, sta sempre al gioco. "Vuoi?" e mi allunga il suo cocktail rosso. È negroni, non devo neanche annusarlo per saperlo. Avevo giurato di non bere, stasera, sempre per il fatto che domani parto. Invece dico "ma si!", e butto giù un lungo sorso.
"Finiscilo se vuoi, a me non va più".
Stefà, tu mi leggi nel pensiero!
"Non balli?" mi fa lei già madida di sudore.
" No, Stefà, sto in paranoia...". Lei mi guarda storto:
"Ma daiii... è per domani? Ma che te ne frega, divertiti! Una vita abbiamo!" e dicendo così sparisce di nuovo tra la gente. Proprio perché è una sola, la vita, non vedo perché sprecarla. Decido di uscire a fumarmi una sigaretta:
" Che serata di merda" dico ad alta voce passando sotto le casse, in modo che nessuno mi senta. In realtà è una serata né più né meno come le altre. Anzi, c'è un sacco di gente e quasi tutti i miei amici. Ma nella mia testa c'è solo l'incubo della partenza. Se anche arrivasse Kim Gordon e spaccasse la chitarra in testa al Dj, probabilmente la noterei a malapena.
Fuori l'aria è fresca e non so perché mi ricorda l' infanzia. Chiudo gli occhi e aspiro a pieni polmoni, poi mi accendo la sigaretta e alzo lo sguardo al cielo: nonostante le luci elettriche, si vedono un sacco di stelle. Orione è proprio di fronte a me e in un attimo mi ritrovo a dieci anni. Sono insieme a mio nonno sul terrazzo di casa, tutti e due con il naso all'insù. Lui mi sta insegnando le costellazioni: il Grande Carro, quello piccolo, Cassiopea, Andromeda, le Pleiadi. Oggi non riuscirei a riconoscerne neanche una.
"Michè" mi sento chiamare da dietro. È Simone, non l' avevo ancora visto. "che fai qua fuori? Dentro c'è il casino..."
" Senti Simò, non ho voglia di fare un cazzo, e sto pure mezzo depresso che domani parto!" gli spiego che domani comincio il servizio civile. Due palle! Non so dove mi hanno spedito, cioè, il paese lo so, devo andare a Gravina, ma non so a fare cosa,né se devo dormire là o se la sera mi rimandano a casa. Insomma non so un cazzo, e questo fatto mi rode il cervello.
"Ho l'autobus alle sette, domani mattina, e stavo pensando di andarmene...". Magari gli viene la voglia di darmi un passaggio.
Così, dieci minuti dopo, siamo nella sua Fiat 131 Mirafiori, parcheggiati in mezzo alla campagna, a fumarci l'ultima sigaretta prima di andare a dormire. Simone domani lavora, per questo la mia proposta di fuga è stata ben accolta. Abbiamo lasciato il locale senza salutare nessuno. Io avrei dovuto almeno avvertire quelli con cui sono venuto, altrimenti passeranno la serata a cercarmi. Figurati, manco si ricorderanno che ero con loro.
Simone, per tirarmi su, mi sta raccontando per l'ennesima volta del militare. Tutti quelli che sono stati sotto naja alla prima occasione partono col pippone senza risparmiarti neanche gli aneddoti più insignificanti, quasi che loro siano gli unici al mondo ad averlo fatto, il militare. Simone ha appena attaccato con la Sardegna, la birra Icnusa e il poligono di tiro di Quirra, quando una luce blu esplode proprio di fronte a noi. Dura un attimo ma è incredibile: sembra il bagliore prima di un'esplosione atomica o un disco volante che atterra nella radura, come nei film di Spielberg. Io e Simone ci guardiamo sbigottiti: l'abbiamo visto entrambi, non era un'allucinazione. Seguiamo la luce, o forse scappiamo in direzione contraria, fatto sta che ci ritroviamo davanti al filo spinato che circonda la base Nato di Gioia del Colle. Ci sono tre o quattro macchine parcheggiate, c'è gente che è venuta apposta a gustarsi lo show, come un macabro drive-in apocalittico. Ci sono più luci adesso, c'è un aereo che decolla proprio ora.
La Serbia ha appena invaso il Kosovo, e c'è la guerra.
Immagini osservate di sfuggita al telegiornale diventano realtà. Mi sento travolto dagli eventi, dalla storia e dalla mia stupidità. E nello stesso tempo mi sento vivo, come non mi succedeva più da quando la stramaledetta cartolina della chiamata per il servizio civile giace minacciosa sulla mia scrivania.