Quanto conta la struttura della pagina, la disposizione delle vignette in un fumetto? E quanto conta il colore? Sono elementi modificabili a piacimento o sono parti integranti del fumetto, e in quanto tali non suscettibili di essere alterate?

La risposta sembrerebbe ovviamente la seconda: mediante la composizione delle vignette in una pagina l'autore può decidere il ritmo del racconto, calibrare pause e accelerazioni, indirizzare l'attenzione del lettore; il colore, o il bianco e nero, sono elementi espressivi quanto la scelta di un'inquadratura o di un particolare tratto di pennello. Modificare queste caratteristiche significa intervenire sull'opera di un autore e travisarne finalità e intenzioni, toglierla dal suo contesto per dargli un tono diverso: insomma, significa tradire un'opera.

Ma allora perché nessuno (o quasi) si sogna di farlo per romanzi, poesie, film, mentre invece i fumetti sono spesso vittime di azzardate operazioni di manipolazione, come se il loro status di opera d'arte non fosse riconosciuto nemmeno dagli stessi editori che li pubblicano?

E' quello che si chiedono alcuni autorevoli studiosi di fumetto a proposito di due ristampe di recente pubblicazione: il Topolino a colori di Floyd Gottfredson nella collana Gli anni d'oro di Topolino allegata a Gazzetta dello Sport e Corriere della Sera, di cui parlano Luigi Siviero QUI e Patrizia Mandanici QUI, e Astarte di Pazienza, completamente rimontato, molto criticato da Daniele Barbieri QUI e sempre da Siviero QUI.