Di origine etimologica greca con il significato di contrazione e unione insieme, la “crasi” è una figura retorica che identifica la fusione della vocale finale di una parola con quella iniziale del termine che la segue, in una non-separazione che crea una nuova unità. Similmente, l'utilizzo che Valentina D'Accardi fa del mezzo fotografico si concreta in una serie di pezzi unici che, non legati insieme da fili narrativi o deduttivi, si nutrono piuttosto della fascinazione per il farsi quasi alchemico degli attimi catturati in immagini fotografiche.
In mostra dal 15 al 20 giugno presso lo spazio Elastico, Crasi è un progetto che si compone di venti opere fotografiche di piccolo e medio formato (5x7 e 30x40 cm), stampate su carta. Ciascun foglio – e, quindi, ciascuna fotografia – è delimitata da uno strappo, come avviene abitualmente con la carta da incisione. L'immagine impressa – lavorata con acidi anche non fotografici, che creano così macchie, velature e bruciature – diventa in questo modo un unicum, perché ciascuna stampa sarà diversa dalle altre.
In questo senso, l'utilizzo che Valentina D'Accardi fa del mezzo fotografico lascia in disparte la tematica della riproducibilità che questo linguaggio porta con sé; inoltre ha particolare importanza la scelta del bianco e nero. L'assenza di colori – oltre a segnare la provenienza dell'artista dall'ambito del disegno – rende meno netto il collegamento didascalico dell'immagine con la realtà. Questa stessa evocatività senza tempo è richiamta dai soggetti scelti: il corpo femminile nudo, privo dell'identità del viso, collocato in dimensioni ovattate in cui solo due oggetti fanno da contrappunto nello spazio.

Valentina D'Accardi
Diplomata in Comunicazione e Didattica dell'Arte all'A.B.A. di Bologna, si specializza in Arti Visive con un Biennio Magistrale in Pittura presso la Cattedra del Prof. Luca Caccioni.
Il suo lavoro resta sempre a cavallo tra fotografia e immagine pittorica: curando personalmente lo sviluppo della pellicola e intervenendo con media non fotografici in fase di stampa, l'aspetto manuale assume un ruolo rilevante nel suo modo di concepire la foto, considerandola più come oggetto da toccare e tenere vicino, che come immagine da guardare.
Non si muove mai completamente nel presente: i luoghi e gli oggetti che sceglie arrivano dal passato e sono gonfi di carica emotiva. Fotografa “scarne presenze di affetti scomparsi”. Vuole l'assenza. La cerca e la immortala.
Vive e lavora a Bologna.