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Gianluca Costantini al Louvre
Dal comunicato:
Gianluca Costantini al Louvre
Carrousel du Louvre Parigi
25 – 28 marzo 2010
a cura di Galleria Miomao - Perugia
Siamo lieti di annunciare che per il secondo anno, Gianluca Costantini (Ravenna, 1971), socio tra le altre cose di Mirada, sarà tra i disegnatori presenti al Salon Du Dessin Contemporain che quest'anno sarà ospitato al Louvre. La Galleria Miomao di Perugia difatti anche quest'anno ha superato la difficile selezione d'accesso a questa importante manifestazione espositiva centrata sul disegno contemporaneo, presentando gli artisti Costantini, Andrea Bruno e lo spagnolo Miguel Angel Martin.
Gianluca Costantini da sempre si muove valicando audacemente i sensibili confini tra arte contemporanea e fumetto. Da sempre questi mondi autistici hanno difatti relazioni pericolose: se l'arte contemporanea saccheggia modalità espressive, immaginario, evocazioni dal mondo del fumetto per poi guardarlo con il disprezzo che la nobiltà impone, il fumetto si appropria di stili, composizioni, tecniche per poi disinteressarsi con spirito snob da radical chic del contemporaneo e delle sue strane ragioni. Chi decide di stare in una delle due sfere difficilmente torna al mondo precedente, conoscendo le leggi non scritte che ne regolano la sopravvivenza. Invece Costantini fa parte di quel piccolo audace gruppo di guastatori che sembra divertirsi nell'essere clandestino in entrambi i mondi. In una realtà artistica in cui non ha più senso parlare di singole vocazioni, ma di visivo, Costantini esaspera gli addetti del settore che devono rincorrere la sua sperimentazione continua. Nell'ultimo lavoro prodotto per la Galleria Miomao, “G8NOVA Hier Stehe ich - Ich kann nicht anders” è una necropoli politica e poetica su carta, la cartografia del movimento anarchico con sfondo il cimitero di Staglieno del capoluogo ligure. Il tratto chirurgico del disegno opera una ricomposizione immateriale della memoria. Un appello virtuale dei nomi dei più noti anarchici da Godwin in poi. Un appello che interroga sulla residualità di questo debole muscolo, la memoria, mentre traspare in filigrana la maggiore resistenza della suggestione estetica e poetica. La frase pronunciata da Lutero utilizzata nel titolo dell’opera, implica una lettura severa e ironica al tempo stesso: il “qui sto” del frate sassone diventa non solo un enunciato etico (che per una certa visione dell’anarchismo sarebbe comunque applicabile), ma fisico.