Anna Politkovskaja (BeccoGiallo) e Ciao ciao bambina (Kappa Edizioni).

 

ANNA POLITKOVSKAJA
2 marzo 2011 - Vanilia&Comics, Bologna.

Francesco Matteuzzi, sceneggiatore di Anna Politkovskaja ha spiegato come è nata l’idea del libro. La storia della nota giornalista russa morta nel 2006 l’ha colpito perché la sua vita era molto più vicina alla nostra di quanto non si pensi, e l’idea è stata accolta con grande entusiasmo anche dall’editore BeccoGiallo. Elisabetta Benfatto, la disegnatrice, è entrata in gioco solo più tardi, ma non poteva esserci scelta migliore. Secondo Matteuzzi, infatti, il suo tratto riesce a rendere in qualche modo delicate anche le cose più difficili da mandare giù e riesce ad informare senza urtare.

La storia di Anna Politkovskaja è controversa. Il suo lavoro da giornalista d’inchiesta non era ben visto dai mandanti dell’omicidio (ancora sconosciuti) e per questo ha dovuto pagare con la vita, morendo a Londra per avvelenamento nel 2006.
Andrea Bonzi, giornalista dell’Unità, durante l’incontro ha spiegato che in Russia esistono due tipi di giornalista: quello buono, cioè in linea con il pensiero del governo, e quello cattivo, che invece racconta la verità. Politkovskaja apparteneva evidentemente al secondo tipo ed è per questo è stata avvelenata.

Uno dei temi più interessanti toccati durante il dibattito è stato quello della strage di Beslan nel 2004, in cui sono stati uccisi 186 bambini. Le pagine del libro che raccontano la vicenda sono le uniche in cui non compare la protagonista ed è stato usato uno stile nel disegno simile a quello dei bambini delle scuole elementari. Una scelta simile è stata dettata sia dal voler raccontare la vicenda dal punto di vista di un bambino, sia dal fatto che si trattava di una sequenza troppo cruenta e in un certo senso invasiva da raccontare con le immagini.

Secondo Matteuzzi un libro del genere è in grado di raggiungere un pubblico che normalmente non si interesserebbe a questa vicenda. Con grande sorpresa degli autori, il libro ha ottenuto anche buoni risultati sul mercato.

LA SCATOLA DELLE IMMAGINI
2 marzo 2011 - Istituto storico Parri, Bologna.

L’incontro all’istituto Parri inizia con un leggero ritardo, provvidenziale per permetterci di raggiungere l’edificio in via s. Isaia dalla vicina via del Pratello in cui si svolgeva l’incontro precedente.
Il nuovo graphic novel di Sara Colaone Ciao ciao bambina (Kappa Edizioni) racconta la storia di Valeria, una diciottenne che emigra in Svizzera nel 1959, ed è liberamente tratta dalle vicende dei parenti dell’autrice emigrati, di sua madre in particolare.

Luca Alessandrini, dell’istituto Parri,  ha contribuito con un’interessante introduzione sul periodo storico in cui gli italiani si trovavano nella condizione di immigrati clandestini. Oggi, infatti, si tende a dimenticare che fino a poco tempo fa eravamo noi italiani a spostarci e che eravamo noi a scontrarci con gli stessi problemi che oggi devono affrontare alcuni immigrati che raggiungono il nostro Paese.
Durante l’incontro venivano proiettati alcuni bozzetti di Sara Colaone, insieme ad alcune immagini provenienti dalle riviste degli anni Cinquanta e Sessanta, pubblicità, screenshot di alcuni film e anche foto di famiglia. L’autrice ha poi spiegato che più delle parole per lei contano le immagini e che è proprio dalle immagini dell’epoca che si è lasciata ispirare per dar vita al libro.

Sara Colaone durante il suo intervento ha raccontato che Ciao ciao bambina ha avuto una gestazione lunghissima, sin dal 2001. L’idea è nata mentre passeggiava per strada e ha visto alcune persone di colore a bordo di una macchina molto costosa. A quel punto ha sentito il commento di un passante che diceva “adesso anche loro se lo possono permettere” e ha deciso di iniziare le sue ricerche. L’autrice ha così scoperto che anche gli italiani all’estero facevano la stessa cosa. Per compensare le mancanze affettive si gratificavano spesso comprando oggetti costosi, adeguandosi al mercato che trovavano all’estero. Questa è stata una spinta per iniziare un lungo lavoro di documentazione che l’ha condotta alla produzione del libro.

Quando Sara Colaone ha fatto leggere la storia completa a sua madre, quest’ultima era un po’ intimorita, ma poi ha capito. Esiste infatti, secondo le parole di Colaone, un confine tra il ricordo e il racconto, un confine che deve essere sempre rispettato. Nessun racconto può mantenere infatti i caratteri del ricordo, perché quando una storia deve essere raccontata c’è sempre qualcosa che si finisce per perdere.

A.M.