Kappa Edizioni significa Kappa Boys. I Kappa Boys sono quattro ragazzi appassionati da sempre di fumetti. Quattro ragazzi si ritrovano tutti i giorni a scambiarsi i giornaletti, leggono di tutto, almeno tutto quello che riescono a trovare in giro, ma soprattutto quello che a loro piace, fregandosene delle mode e dei trend, leggono e sfogliano e collezionano per puro piacere. Stiamo parlando degli anni Settanta e poi Ottanta, Andrea Baricordi, Massimiliano De Giovanni, Andrea Pietroni e Barbara Rossi chiacchierano poco ma leggono, frugano e scambiano, ai margini di quello che era allora noto in tutta Italia come l’ambiente del fumetto bolognese. Infatti i Kappa sono tutti di Bologna, una città che ha prodotto e allevato molti artisti della striscia disegnata. Ma i quattro hanno una caratteristica, potremmo dire una malattia, una fissazione: sono innamorati dei manga, i fumetti giapponesi, di cui all’epoca non si poteva nemmeno parlare per non essere mal visti dalla cultura corrente. Ma come abbiamo già detto i Kappa sono poco, pochissimo interessati alle culture correnti. E quindi li cercano, li osservano, cercano di tradurli, ma soprattutto vogliono farli conoscere ad altri, vogliono metterli in giro, a loro piacciono, e piaceranno di sicuro anche a qualcun altro. Iniziano cosi la loro avventura editoriale, partono alla grande, con una fanzine, Mangazine, che contiene articoli di addetti ai lavori e immagini, tantissime, reperite in qualsiasi modo, anche il più rocambolesco, quelle che nessuno trova in giro e che tanti altri cercano. E non solo altri manga fan, ma editori, editori veri, che senza preconcetti vedono nella produzione giapponese un mercato, sconosciuto e lontano dalla cultura occidentale ma interessante.
Così i quattro, alla fine degli anni Ottanta, cominciano a collaborare con Granata Press, allora editore moderno, di punta, con una rivista, Nova Express, dove pubblicano gli artisti più interessanti del panorama europeo e statunitense. E’ Luigi Bernardi, il direttore della casa editrice, ad aver capito cosa intendono fare i Kappa, e soprattutto è lui ad avallare la loro idea. Nasce dunque Zero, primo mensile italiano di manga, e da lì collane e volumi di successo o di nicchia, ma giapponesi, finalmente. Il mercato si apre, i lettori ci sono, e molti. I Kappa passano poi a un’altra casa editrice, curano la direzione editoriale della Star Comics, ma adesso si espongono in prima persona, trattano coi giapponesi, li conoscono bene, sanno di aver a che fare con un mondo lontanissimo, ma vanno in Giappone tutti gli anni, studiano, sfogliano, scelgono, leggono, come facevano da piccoli coi vecchi giornalini. I fumetti giapponesi ormai sono una moda, un vero e proprio trend.
Poi la svolta, i manga sono scoperti e i Kappa a questo punto si sentono in sintonia con una nuova atmosfera creativa che è nata a metà degli anni Novanta, tutta italiana, e tutta autoriale. Lontani dall’avventura classica, dalla fantascienza, dall’umorismo e dal fumetto autorial-intellettuale, i Kappa scoprono la quotidianità. Ma non è un caso che siano proprio loro, abituati al manga e a un modo diverso da quello paludato di raccontare, a essere subito sensibili a un’altra idea di fumetto. Su questo, quasi senza ragionarci, fondano una casa editrice. Loro, da appassionati sono diventati editori, dei loro fumettisti preferiti e non solo, anche dei fumetti che da sempre loro stessi avrebbero voluto scrivere. Ai Kappa si unisce infine Giovanni Mattioli, e Kappa Edizioni cresce al ritmo di quattro uscite al mese, aprendosi non solo all’Italia e al Giappone, ma anche al fumetto francese e americano, non solo alla narrativa, ma anche alla saggistica.